SPINALONGA NEL MIO CUORE

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Sono giorni che ripenso alla mia prima,e finora unica, visita a Spinalonga.
E’ stata durante la “mia prima Creta”, settembre 2014…
Non sapevamo bene cosa avremmo visto, cosa avremmo fatto, dove saremmo andati, ma io volevo assolutamente passare da qui.

Partiamo alle 10 dal porto di Elounda su una barchetta, io folle di entusiasmo per la navigazione (15 minuti circa), Danilo un po’ meno…
Non ricordo bene il momento dell’attracco, ci hanno guidati verso l’ingresso per le barche di turisti che non è quello che era destinato agli abitanti dell’isola.
Il non arrivare direttamente al cuore di Spinalonga permette di prendere un po’ di confidenza con il luogo…

Spinalonga è stata di tutto e di tutti, turca, veneziana, ma è stata soprattutto di quelle persone che qui erano costrette a passare il resto della loro vita dopo aver contratto la lebbra.
Era un confino, era una vita nuova staccata dalla vita di prima…
per me è stato stupefacente vedere quanto fosse stato fatto per dare una dignità e una vita normale a chi era lì e, almeno per i primi anni, aspettava la morte.

Ammetto di non essere riuscita a concentrarmi completamente sulle parole della guida che, casualmente, accompagnava un gruppo di turisti italiani; mi sono persa e isolata fra pietre, fichi, bouganville e oleandri, ho camminato piano piano fra quelle strade, fra le case, le botteghe, il forno, la piccola e meravigliosa chiesetta di San Panteleimonas, le cisterne di raccolta dell’acqua e poi su fino all’ospedale…
oltre c’erano gli orti e un piccolo cimitero, lì non sono proprio riuscita ad andarci…
lì c’era la vittoria della malattia sulla vita e secondo me Spinalonga non è questo o, comunque, non è solo questo.

Arrivata ai cancelli della città, dove si trovava la zona per la disinfezione delle persone e di quanto usciva dall’isola, guardando verso la costa, con un mare di un blu inimmaginabile, mi sono davvero venuti i brividi, nonostante la giornata caldissima.
Siamo usciti dopo un paio d’ore dal tunnel che era in origine un altro ingresso alla città…
pochi metri dove tutto il sole che fino a poco prima ti bruciava spariva…
e poi eravamo lì, in piedi sul molo ad aspettare la nostra barca per essere portati sulla sponda opposta.

Non ci sono più tornata, ma ho un ricordo nitido e perfetto delle sensazioni provate quel giorno, e, nonostante la tristezza, il dolore, il senso di abbandono che ancora si respirano lì, fra quelle mura, è assolutamente uno dei luoghi che più porto nel cuore. Perché, oltre l’angoscia si vedeva chiarissima la speranza, la certezza che anche nella malattia la vita dovesse essere comunque vissuta in modo degno, che gli abitanti di Spinalonga potevano vivere, sognare, amare, sposarsi, diventare genitori.

Una visita sicuramente amara, che mi ha però regalato delle emozioni e delle sensazioni che difficilmente posso collegare ad altri luoghi, che mi hanno insegnato che indubbiamente questa è stata una delle tante ferite sulla pelle di quest’isola che mi ha davvero stregata.

Credo che quando si ama, qualcuno o qualcosa, lo si ami anche e ancor di più nei suoi momenti bui, nella sua debolezza, nella sua sofferenza…
forse proprio per questo Spinalonga ha un posto assolutamente speciale nel mio cuore.

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